Fiducia Supplicans VI

Maggio 7, 2024

42. La Chiesa continua a innalzare quelle preghiere e suppliche che Cristo stesso, con forti grida e lacrime, offrì nei giorni della sua vita terrena (cfr. Eb 5, 7) e che proprio per questo godono di una efficacia particolare. In questo modo, «non solo con la carità, con l’esempio e con le opere di penitenza, ma anche con l’orazione la comunità ecclesiale esercita la sua funzione materna di portare le anime a Cristo».[27]

43. La Chiesa è così il sacramento dell’amore infinito di Dio. Perciò, anche quando il rapporto con Dio è offuscato dal peccato, si può sempre chiedere una benedizione, tendendo la mano a lui, come fece Pietro nella tempesta quando gridò a Gesù: «Signore, salvami!» (Mt 14, 30). Desiderare e ricevere una benedizione può essere il bene possibile in alcune situazioni. Papa Francesco ci ricorda che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi attraversa le sue giornate senza affrontare importanti difficoltà».[28] In questo modo, «ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto».[29]

44. Qualsiasi benedizione sarà l’occasione per un rinnovato annuncio del kerygma, un invito ad avvicinarsi sempre di più all’amore di Cristo. Papa Benedetto XVI insegnava: «Come Maria, la Chiesa è mediatrice della benedizione di Dio per il mondo: la riceve accogliendo Gesù e la trasmette portando Gesù. È Lui la misericordia e la pace che il mondo da sé non può darsi e di cui ha bisogno sempre, come e più del pane».[30]

45. Tenuto conto di quanto sopra affermato, seguendo l’insegnamento autorevole del Santo Padre Francesco, questo Dicastero intende infine ricordare che «questa è la radice della mitezza cristiana, la capacità di sentirsi benedetti e la capacità di benedire […]. Questo mondo ha bisogno di benedizione e noi possiamo dare la benedizione e ricevere la benedizione. Il Padre ci ama, e a noi resta solo la gioia di benedirlo e la gioia di ringraziarlo, e di imparare da Lui a benedire».[31] Così ogni fratello ed ogni sorella potranno sentirsi nella Chiesa sempre pellegrini, sempre mendicanti, sempre amati e, malgrado tutto, sempre benedetti.

Così si conclude il documento e la nostra lettura che, ammetto, mi ha permesso di vedere le cose con un’ottica diversa rispetto a quella con cui mi ero approcciato. La chiave è all’inizio del paragrafo 43: “La Chiesa è così il sacramento dell’amore infinito di Dio”… certo che non tutto va bene… ma l’amore di Dio c’è sempre ed è infinito… allora la benedizione chiesta è una ricerca di questo amore nel modo in cui si può in quel momento lì… e la benedizione data non è un beneplacito, ma la vicinanza di questo amore in quel momento lì…perché l’amore è infinito…

Fiducia Supplicans V

Maggio 4, 2024

III. Le benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso

31. Nell’orizzonte qui delineato si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio. In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. Queste forme di benedizione esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama “grazie attuali” – affinché le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino.

32. La grazia di Dio, infatti, opera nella vita di coloro che non si pretendono giusti ma si riconoscono umilmente peccatori come tutti. Essa è in grado di orientare ogni cosa secondo i misteriosi ed imprevedibili disegni di Dio. Perciò, con instancabile sapienza e maternità, la Chiesa accoglie tutti coloro che si avvicinano a Dio con cuore umile, accompagnandoli con quegli aiuti spirituali che consentono a tutti di comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro esistenza.[22]

33. È questa una benedizione che, benché non inserita in un rito liturgico,[23] unisce la preghiera di intercessione all’invocazione dell’aiuto di Dio di coloro che si rivolgono umilmente a lui. Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui! In fondo, la benedizione offre alle persone un mezzo per accrescere la loro fiducia in Dio. La richiesta di una benedizione esprime ed alimenta l’apertura alla trascendenza, la pietà, la vicinanza a Dio in mille circostanze concrete della vita, e questo non è cosa da poco nel mondo in cui viviamo. È un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato.

34. La stessa liturgia della Chiesa ci invita a quest’atteggiamento fiducioso, anche in mezzo ai nostri peccati, mancanze di merito, debolezze e confusioni, come testimonia questa bellissima orazione colletta presa dal Messale Romano: «Dio onnipotente ed eterno, che esaudisci le preghiere del tuo popolo oltre ogni desiderio e ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare» (XXVII Domenica del Tempo Ordinario). Quante volte, infatti, attraverso una semplice benedizione del pastore, che in questo gesto non pretende di sancire né di legittimare nulla, le persone possono sperimentare la vicinanza del Padre “ogni oltre desiderio e ogni merito”.

35. Perciò, la sensibilità pastorale dei ministri ordinati dovrebbe essere educata anche ad eseguire spontaneamente benedizioni che non si trovano nel Benedizionale.

36. In tal senso, è essenziale cogliere la preoccupazione del Papa, affinché queste benedizioni non ritualizzate non cessino di essere un semplice gesto che fornisce un mezzo efficace per accrescere la fiducia in Dio da parte delle persone che la chiedono, evitando che diventino un atto liturgico o semi-liturgico, simile a un sacramento. Ciò costituirebbe un grave impoverimento, perché sottoporrebbe un gesto di grande valore nella pietà popolare ad un controllo eccessivo, che priverebbe i ministri della libertà e della spontaneità nell’accompagnamento pastorale della vita delle persone.

37. A tal proposito, vengono alla mente le seguenti parole, in parte già citate, del Santo Padre: «Le decisioni che, in determinate circostanze, possono far parte della prudenza pastorale non devono necessariamente diventare una norma. Cioè, non è conveniente che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni genere di questioni […]. Il Diritto Canonico non deve e non può coprire tutto, né le Conferenze Episcopali devono pretendere di farlo con i loro vari documenti e protocolli, perché la vita della Chiesa passa attraverso molti canali, oltre a quelli normativi».[24] Così Papa Francesco ha ricordato che tutto «ciò che fa parte di un discernimento pratico in una situazione particolare non può essere elevato alla categoria di norma», perché ciò «darebbe luogo a una casistica insopportabile».[25]

38. Per questa ragione non si deve né promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà.

39. Ad ogni modo, proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso.

40. Tale benedizione può invece trovare la sua collocazione in altri contesti, quali la visita a un santuario, l’incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio. Infatti, attraverso queste benedizioni che vengono impartite non attraverso le forme rituali proprie della liturgia, bensì come espressione del cuore materno della Chiesa, analoghe a quelle che promanano in fondo dalle viscere della pietà popolare, non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà.

41. Quanto detto nella presente Dichiarazione a proposito delle benedizioni di coppie dello stesso sesso, è sufficiente ad orientare il prudente e paterno discernimento dei ministri ordinati a tal proposito. Oltre alle indicazioni di cui sopra, non si debbono dunque aspettare altre risposte su eventuali modalità per normare dettagli o aspetti pratici riguardo a benedizioni di questo tipo.[26]

Siamo arrivati al nodo cruciale di questo documento, il problema che pone e che non è di facile soluzione e non lo è, evidentemente, non solo per il sottoscritto dal momento che il documento prima di arrivarci la prende molto alla lontana e continua a ricordare tutta una serie di avvertenze e accortezze tali che non si ingeneri confusione nelle persone (an che qui perché il rischio esiste). Però credo sia necessario, lo è sicuramente per me, fare un passo oltre e capire bene ciò che vuol dire il documento che non è: io benedico perché quello che fai va bene, ma io benedico perché la tua richiesta di benedizione è una richiesta di aiuto…con questa prospettiva è chiaro come la Chiesa è vicina a tutti e non è formata solo da santi, ma anzi per la maggior parte da peccatori… e il Signore è sempre vicino a tutti: a chi lo cerca, a chi lo rifiuta, a chi lo vorrebbe, ma non riesce a seguirlo, a chi ci prova, ma cade… a tutti… con questo significato, con questa attenzione, allora sì che questo documento assume un senso assai alto… certo il rischio di fraintendimento è molto alto (anche perché, diciamolo, la maggior parte delle persone non legge il documento, ma solo i titoli dei giornali), ma dato che in palio c’è la sorte e l’amore delle persone non può essere certo questo a fermare la Chiesa.

Fiducia Supplicans IV-d

aprile 23, 2024

Una comprensione teologico-pastorale delle benedizioni

20. Chi chiede una benedizione si mostra bisognoso della presenza salvifica di Dio nella sua storia e chi chiede una benedizione alla Chiesa riconosce quest’ultima come sacramento della salvezza che Dio offre. Cercare la benedizione nella Chiesa è ammettere che la vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà del Signore.

21. Per aiutarci a comprendere il valore di un approccio maggiormente pastorale alle benedizioni, Papa Francesco ci ha sollecitato a contemplare, con atteggiamento di fede e paterna misericordia, il fatto che «quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio».[12] Questa richiesta deve essere, in ogni modovalorizzata, accompagnata e ricevuta con gratitudine. Le persone che vengono spontaneamente a chiedere una benedizione mostrano con questa richiesta la loro sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del loro cuore che non confida solo nelle proprie forze, il loro bisogno di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti.

22. Come ci insegna santa Teresa di Gesù Bambino, al di là di questa fiducia «non c’è un’altra via da percorrere per essere condotti all’Amore che tutto dona. Con la fiducia, la sorgente della grazia trabocca nella nostra vita […]. L’atteggiamento più adeguato è riporre la fiducia del cuore fuori di noi stessi: nell’infinita misericordia di un Dio che ama senza limiti […]. Il peccato del mondo è immenso, ma non è infinito. Invece, l’amore misericordioso del Redentore, questo sì, è infinito».[13]

23. Quando queste espressioni di fede vengono considerate al di fuori di un quadro liturgico, ci si trova in un ambito di maggiore spontaneità e libertà, ma «la facoltatività dei pii esercizi non deve quindi significare scarsa considerazione né disprezzo di essi. La via da seguire è quella di valorizzare correttamente e sapientemente le non poche ricchezze della pietà popolare, le potenzialità che possiede».[14] Le benedizioni diventano così una risorsa pastorale da valorizzare piuttosto che un rischio o un problema.

24. Considerate dal punto di vista della pastorale popolare, le benedizioni vanno valutate come atti di devozione che «trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti […]. Il linguaggio, il ritmo, l’andamento, gli accenti teologici della pietà popolare si differenziano dai corrispondenti delle azioni liturgiche». Per la stessa ragione «si eviti di apportare modalità di “celebrazione liturgica” ai pii esercizi, che debbono conservare il loro stile, la loro semplicità, il proprio linguaggio».[15]

25. La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari, soprattutto quando danno «luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare».[16] Perciò, quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale.

26. In questa prospettiva, le Respuestas del Santo Padre aiutano ad approfondire meglio, dal punto di vista pastorale, il pronunciamento formulato dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2021, poiché invitano di fatto ad un discernimento in relazione alla possibilità di «forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano una concezione errata del matrimonio»[17] e che pure tengano conto del fatto che in situazioni moralmente inaccettabili dal punto di vista oggettivo, «la carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come “peccatori” altre persone la cui colpa o responsabilità possono essere attenuate da vari fattori che influiscono sulla imputabilità soggettiva».[18]

27. Nella catechesi citata all’inizio di questa Dichiarazione, Papa Francesco ha proposto una descrizione di questo tipo di benedizioni che si offrono a tutti, senza chiedere nulla. Vale la pena leggere con cuore aperto queste parole che ci aiutano a cogliere il senso pastorale delle benedizioni offerte senza condizioni: «È Dio che benedice. Nelle prime pagine della Bibbia è un continuo ripetersi di benedizioni. Dio benedice, ma anche gli uomini benedicono, e presto si scopre che la benedizione possiede una forza speciale, che accompagna per tutta la vita chi la riceve, e dispone il cuore dell’uomo a lasciarsi cambiare da Dio […]. Così noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci. Un’esperienza forte è quella di leggere questi testi biblici di benedizione in un carcere, o in una comunità di recupero. Far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano finalmente al bene. Se perfino i loro parenti più stretti, li hanno abbandonati, perché ormai li giudicano irrecuperabili, per Dio sono sempre figli».[19]

28. Ci sono diverse occasioni nelle quali le persone si avvicinano spontaneamente a chiedere una benedizione, sia nei pellegrinaggi, nei santuari, ed anche per strada quando incontrano un sacerdote. A titolo esemplificativo, possiamo rinviare al libro liturgico De Benedictionibus che prevede una serie di riti di benedizione per le persone: anziani, malati, partecipanti alla catechesi o a un incontro di preghiera, pellegrini, coloro che intraprendono un cammino, gruppi e associazioni di volontari, ecc. Tali benedizioni sono rivolte a tutti, nessuno ne può essere escluso. Nelle premesse del Rito di benedizione degli anziani, ad esempio, si afferma che lo scopo della benedizione «è quello di esprimere agli anziani una fraterna testimonianza di rispetto e di gratitudine, e di ringraziare insieme con loro il Signore per i benefici da lui ricevuti e per le buone azioni da essi compiute con il suo aiuto».[20] In questo caso l’oggetto della benedizione è la persona dell’anziano, per la quale e con la quale si rende grazie a Dio per il bene da lui compiuto e per i benefici ricevuti. A nessuno si può impedire questo rendimento di grazie e ciascuno, anche se vive in situazioni non ordinate al disegno del Creatore, possiede elementi positivi per i quali lodare il Signore.

29. Dal punto di vista della dimensione ascendente, quando si prende coscienza dei doni del Signore e del suo amore incondizionato, anche in situazioni di peccato, particolarmente quando una preghiera trova ascolto, il cuore del credente innalza a Dio la sua lode e lo benedice. Questa forma di benedizione non è preclusa ad alcuno. Tutti – singolarmente o in unione con altri – possono innalzare a Dio la loro lode e la loro gratitudine.

30. Ma il senso popolare delle benedizioni include anche il valore della benedizione discendente. Se «non è conveniente che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni genere di questioni»,[21] la prudenza e la saggezza pastorale possono suggerire che, evitando forme gravi di scandalo o confusione fra ai fedeli, il ministro ordinato si unisca alla preghiera di quelle persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore comprensione del suo disegno di amore e verità.

Questa parte non è semplice, sopratutto non è semplice capire cosa si intenda per benedizioni liturgiche e non liturgiche. Si può pensare, per semplificare e cercare di capire, che sia quando sono inserite in una liturgia, in rito e quando invece sono “spontanee” è indubbio però che, anche in questo secondo caso, si usano delle formule, dei gesti e che, quindi, volendo essere rigorosi, si ricade sempre in un atto liturgico, rituale, sicuramente più semplice di altri, ma sempre comunque, un minimo strutturato. Personalmente credo però che la chiave di lettura che permette di comprendere davvero di cosa stiamo parlando stia quando si parla di realtà oggettivamente errate e che non possono essere benedette senza dare adito a confusione e dall’altra parte si parla invece di benedizioni date senza nulla pretendere, gratuitamente così come è l’amore di Dio. Credo che la differenza stia qui e quando la guardo così, forse comincio a capire, al di là del rito e della liturgia… per avere una benedizione durante un sacramento mi sono chieste certe condizioni, ma se io non sono in grado o non posso soddisfarle ma vorrei lo stesso una benedizione (dando per scontato che la mia richiesta non sia una banale provocazione) significa che io anelo a Dio, lo cerco, come posso e come riesco in quel momento e lo cerco nella Chiesa, riconoscendone la presenza proprio lì. Allora si tratta di una benedizione che accompagna, anche in un cammino sbagliato, ricordando che la presenza di Dio c’è sempre… in effetti così ha un senso perché ti accompagna sempre e non ti giudica, ti ama e di te dice sempre bene e se delle cose che fai non può dire bene (e magari non puoi farlo neanche tu) allora tace, ma non dice male, non maledice.

Fiducia Supplicans IV-c

aprile 19, 2024

Le benedizioni nella Sacra Scrittura

14. Per riflettere sulle benedizioni, raccogliendo diversi punti di vista, abbiamo bisogno di lasciarci illuminare anzitutto dalla voce della Sacra Scrittura.

15. «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace»(Nm 6, 24-26). Questa “benedizione sacerdotale” che ritroviamo nell’Antico Testamento, precisamente nel libro dei Numeri, ha un carattere “discendente” poiché rappresenta l’invocazione della benedizione che da Dio scende sull’uomo: essa costituisce uno dei testi più antichi di benedizione divina. C’è poi un secondo tipo di benedizione che ritroviamo nelle pagine bibliche, quella che “sale” dalla terra al cielo, verso Dio. Benedire equivale così a lodare, celebrare, ringraziare Dio per la sua misericordia e fedeltà, per le meraviglie che ha creato e per tutto ciò che è avvenuto per sua volontà: «Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome» (Sal 103, 1).

16. A Dio che benedice, anche noi rispondiamo benedicendo. Melchisedec, re di Salem, benedice Abramo (cfr. Gen 14, 19); Rebecca è benedetta dai familiari, poco prima di diventare sposa di Isacco (cfr. Gen 24, 60), il quale, a sua volta, benedice il figlio Giacobbe (cfr. Gen 27, 27). Giacobbe benedice il faraone (cfr. Gen 47, 10), i nipoti Efraim e Manasse (cfr. Gen 48, 20) e tutti i suoi dodici figli (cfr. Gen 49, 28). Mosè e Aronne benedicono la comunità (cfr. Es 39, 43; Lev 9, 22). I capifamiglia benedicono i figli in occasione di matrimoni, prima di intraprendere un viaggio, nell’imminenza della morte. Queste benedizioni appaiono così un dono sovrabbondante ed incondizionato.

17. La benedizione presente nel Nuovo Testamento conserva sostanzialmente lo stesso significato anticotestamentario. Ritroviamo il dono divino che “discende”, il ringraziamento dell’uomo che “ascende” e la benedizione impartita dall’uomo che “si estende” verso i propri simili. Zaccaria, dopo aver riottenuto l’uso della parola, benedice il Signore per le sue opere mirabili (cfr. Lc 1, 64). L’anziano Simeone, mentre tiene tra le braccia il neonato Gesù, benedice Dio per avergli concesso la grazia di contemplare il Messia salvatore e quindi benedice gli stessi genitori Maria e Giuseppe (cfr. Lc 2, 34). Gesù benedice il Padre, nel celebre inno di lode e di giubilo a lui rivolto: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra» (Mt 11, 25).

18. In continuità con l’Antico Testamento, anche in Gesù la benedizione non è soltanto ascendente, in riferimento al Padre, ma anche discendente, riversata sugli altri come gesto di grazia, protezione e bontà. Gesù stesso ha attuato e promosso questa pratica. Ad esempio, benedice i bambini: «E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (Mc 10, 16). E la vicenda terrena di Gesù si concluderà proprio con un’ultima benedizione riservata agli Undici, poco prima di salire al Padre: «E, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo» (Lc 24, 50-51). L’ultima immagine di Gesù sulla terra sono le sue mani alzate, nell’atto di benedire.

19. Nel suo mistero di amore, attraverso Cristo, Dio comunica alla sua Chiesa il potere di benedire. Concessa da Dio all’essere umano ed elargita da questi al prossimo, la benedizione si trasforma in inclusione, solidarietà e pacificazione. È un messaggio positivo di conforto, custodia e incoraggiamento. La benedizione esprime l’abbraccio misericordioso di Dio e la maternità della Chiesa che invita il fedele ad avere gli stessi sentimenti di Dio verso i propri fratelli e sorelle.

Adesso vediamo le benedizioni nella Sacra Scrittura e la cosa più interessante è come la benedizione sia sia verso Dio che verso gli uomini e diventi occasione di “solidarietà e pacificazione”, al contrario di una maledizione che è sempre causa di separazione e allontanamento.

Fiducia Supplicans IV-b

aprile 2, 2024

Il senso liturgico dei riti di benedizione

9. Da un punto di vista strettamente liturgico, la benedizione richiede che quello che si benedice sia conforme alla volontà di Dio espressa negli insegnamenti della Chiesa.

10. Le benedizioni si celebrano infatti in forza della fede e sono ordinate alla lode di Dio e al profitto spirituale del suo popolo. Come spiega il Rituale Romano, «perché questa finalità risulti più evidente, per antica tradizione le formule di benedizione hanno soprattutto lo scopo di rendere gloria a Dio per i suoi doni, chiedere i suoi favori e sconfiggere il potere del maligno nel mondo».[8] Perciò, coloro che invocano la benedizione di Dio per mezzo della Chiesa sono invitati a intensificare «le loro disposizioni, lasciandosi guidare da quella fede alla quale tutto è possibile» e a confidare in «quell’amore che spinge a osservare i comandamenti di Dio».[9] Ecco perché, se da un lato «sempre e dappertutto si offre l’occasione di lodare, invocare e ringraziare Dio per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo», dall’altro la preoccupazione è che «non si tratti di cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo».[10] Questa è una comprensione liturgica delle benedizioni, in quanto esse diventano riti ufficialmente proposti dalla Chiesa.

11. Fondandosi su queste considerazioni, la Nota esplicativa del citato Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede ricorda che quando, con un apposito rito liturgico, si invoca una benedizione su alcune relazioni umane, occorre che ciò che viene benedetto sia in grado di corrispondere ai disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Per tale motivo, dato che la Chiesa ha da sempre considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che sono vissuti all’interno del matrimonio, essa non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale. La sostanza di questo pronunciamento è stata ribadita dal Santo Padre nelle sue Respuestas ai Dubia di due Cardinali.

12. Si deve altresì evitare il rischio di ridurre il senso delle benedizioni soltanto a questo punto di vista, perché ci porterebbe a pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti. Tale rischio esige che si ampli ulteriormente questa prospettiva. Infatti, vi è il pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione.

13. Proprio a questo proposito, Papa Francesco ci ha esortato a non «perdere la carità pastorale, che deve attraversare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti» e ad evitare di «essere giudici che solo negano, respingono, escludono».[11] Rispondiamo allora alla sua proposta sviluppando una comprensione più ampia delle benedizioni.

Anche questi paragrafi sembrano decisamente chiari però credo sia necessario soffermarsi sulle parole “strettamente liturgico”, che cosa significa? Senza perderci in eccessive analisi credo che possiamo tranquillamente affermare che una struttura rituale ufficiale e pubblica. Ad esempio la messa è una liturgia, la somministrazione dei sacramenti è sempre un’azione liturgica anche nei casi in cui non fosse pubblica (penso ad esempio a un battesimo o a un unzione degli infermi dati in punto di morte…), ovvero esiste un rito, una procedura per questi atti. E’ interessante notare come venga detto esplicitamente, ma non poteva essere diversamente, che si benedica che solo ciò che è ordinato secondo i voleri di Dio, quindi tutto quello che ne è lontano non può essere benedetto liturgicamente, ma ci dobbiamo fermare qui? Questo è il passaggio successivo a cui ci invita il magistero di Papa Francesco, ovvero abbiamo detto che non si può ed è tutto qui? Siamo a posto come cristiani? O forse la carità e la pastorale (ovvero il come declinare il messaggio e l’amore di Dio nel mondo) ci chiedono qualcosa in più? Qualcosa di diverso? Ecco che ora la Dichiarazione fa un passo in più…

Fiducia Supplicans IV-a

marzo 27, 2024

II. Il senso delle diverse benedizioni

7. La risposta del Santo Padre menzionata sopra, d’altra parte, ci invita a fare lo sforzo di ampliare ed arricchire il senso delle benedizioni.

8. Le benedizioni possono essere considerate tra i sacramentali più diffusi e in continua evoluzione. Esse, infatti, conducono a cogliere la presenza di Dio in tutte le vicende della vita e ricordano che, anche nell’utilizzo delle cose create, l’essere umano è invitato a cercare Dio, ad amarlo e a servirlo fedelmente.[7] Per questo motivo, le benedizioni hanno per destinatari persone, oggetti di culto e di devozione, immagini sacre, luoghi di vita, di lavoro e di sofferenza, frutti della terra e della fatica umana, e tutte le realtà create che rimandano al Creatore, le quali, con la loro bellezza, lo lodano e lo benedicono.

Inizia qui un nuovo paragrafo, decisamente più lungo degli altri che è molto articolato e che, proprio per quanto ho detto nell’articolo precedente, preferisco analizzare ancora un passo alla volta, certo che ci vorrà più tempo, ma credo nella bontà di questo modo di procedere. Poche righe, ma che credo esprimano dei concetti importanti da tenere a mente, intanto che la benedizione è un sacramentale, non un sacramento e che il suo scopo è da una parte di condurci a cogliere la presenza di Dio in ogni momento della vita e a ricordarci di cercare Dio ovunque quando “utilizziamo” il creato. Banale? No, direi fondamentale.

Fiducia Supplicans III

marzo 19, 2024

I. La benedizione nel sacramento del matrimonio

4. La recente risposta del Santo Padre Francesco al secondo dei cinque quesiti posti da due Cardinali[4] offre la possibilità di approfondire ulteriormente la questione, soprattutto nei suoi risvolti di ordine pastorale. Si tratta di evitare che «si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è».[5] Perciò sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale «unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli»,[6] e ciò che lo contraddice. Questa convinzione è fondata sulla perenne dottrina cattolica del matrimonio. Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano. La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma.

5. Questa è anche la comprensione del matrimonio offerta dal Vangelo. Per questo motivo, a proposito delle benedizioni, la Chiesa ha il diritto e il dovere di evitare qualsiasi tipo di rito che possa contraddire questa convinzione o portare a qualche confusione. Tale è anche il senso del Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra persone dello stesso sesso.

6. È da sottolineare che, proprio nel caso del rito del sacramento del matrimonio, non si tratta di una qualsiasi benedizione, ma del gesto riservato al ministro ordinato. In questo caso, la benedizione del ministro ordinato è direttamente connessa all’unione specifica di un uomo e di una donna che con il loro consenso stabiliscono un’alleanza esclusiva e indissolubile. Questo ci permette di evidenziare meglio il rischio di confondere una benedizione, data a qualsiasi altra unione, con il rito proprio del sacramento del matrimonio.

Continuiamo con l’analisi della Dichiarazione, c’è una prima parte, subito dopo l’introduzione che ribadisce ciò che la Chiesa ha da sempre insegnato riguardo il sacramento del matrimonio, e più volte insiste nel sottolineare come mai si deve dare adito a confusioni tra il sacramento del matrimonio e altri tipi di unione. Non mi sembra ci sia nulla di particolare da commentare o da rilevare, ne approfitto quindi per spiegare perché ho scelto questo metodo di analisi che non parla in un’unica soluzione del documento, ma lo va a osservare un pezzo alla volta. Sicuramente c’è il rischio di un’eccessiva frammentarietà da parte mia che però spero sia compensata dalla possibilità di leggere ogni parte con calma e di meditarla, pensarla, permettere di depositarsi e anche di pregarci sopra… i documenti della Chiesa non sono come qualunque altro testo, ma dovrebbero avere un valore che va oltre e che chiede qualcosa in più al di là dell’attenzione…

Fiducia Supplicans II

marzo 13, 2024

Introduzione

1. La fiducia supplicante del Popolo fedele di Dio riceve il dono della benedizione che sgorga dal cuore di Cristo attraverso la sua Chiesa. Come ricorda puntualmente Papa Francesco, «La grande benedizione di Dio è Gesù Cristo, è il gran dono di Dio, il suo Figlio. È una benedizione per tutta l’umanità, è una benedizione che ci ha salvato tutti. Lui è la Parola eterna con la quale il Padre ci ha benedetto “mentre eravamo ancora peccatori” (Rm 5, 8) dice san Paolo: Parola fatta carne e offerta per noi sulla croce».[1]

2. Sostenuto da una così grande e consolante verità, questo Dicastero ha preso in considerazione diverse domande, sia formali che informali, circa la possibilità di benedire coppie dello stesso sesso e circa la possibilità di offrire nuovi chiarimenti, alla luce dell’atteggiamento paterno e pastorale di Papa Francesco, sul Responsum ad dubium[2] formulato dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede e pubblicato il 22 febbraio 2021.

3. Il suddetto Responsum ha suscitato non poche e diverse reazioni: alcuni hanno accolto con plauso la chiarezza di questo documento e la sua coerenza con il costante insegnamento della Chiesa; altri non hanno condiviso la risposta negativa al quesito o non l’hanno ritenuta sufficientemente chiara nella sua formulazione e nelle motivazioni addotte nell’annessa Nota esplicativa. Per venire incontro, con carità fraterna, a questi ultimi, appare opportuno riprendere il tema ed offrire una visione che componga in coerenza gli aspetti dottrinali con quelli pastorali, perché «ogni insegnamento della dottrina deve situarsi nell’atteggiamento evangelizzatore che risvegli l’adesione del cuore con la vicinanza, l’amore e la testimonianza».[3]

Ecco qui sopra l’introduzione alla Dichiarazione, introduzione che non mi sembra presenti particolari problemi, ma che si richiama alle risposte date dal Papa ai dubbi che gli sono stati posti e, personalmente, trovo molto interessante anche il richiamo nel paragrafo 1 alla lettera ai Romani, in particolare al capitolo 5 versetto 8 dove si dice che Cristo è morto per noi mentre eravamo ancora peccatori… e questo mi fa venire in mente quello che Gesù dice più volte nei Vangeli, ovvero che lui è venuto per i malati, non per i sani… anche questo aspetto mettiamolo da parte, non dimentichiamolo nella lettura del documento così da vedere se poi, alla fine, possa tornarci utile per una comprensione migliore e più completa.

I Dubia e le risposte di Papa Francesco

marzo 5, 2024

Abbiamo visto la settimana scorsa come a Fiducia Supplicans siano legate anche le risposte che Papa Francesco ha dato ad alcuni cardinali. Potete trovare il testo qui .

Sarei tentato di riportare qui il testo, ma alla fine risulterebbe un inutile duplicato, se siete interessati potete andare a leggerlo direttamente. Invece mi sembra chiaro che ci sia una costante che risulta dalle risposte del Papa, una costante che cerco di evidenziare riportando alcune frasi delle sue risposte:

“Pertanto, se è vero che la divina Rivelazione è immutabile e sempre vincolante, la Chiesa deve essere umile e riconoscere di non esaurire mai la sua insondabile ricchezza e di avere bisogno di crescere nella sua comprensione.

c) Di conseguenza, cresce anche nella comprensione di ciò che essa stessa ha affermato nel suo Magistero.”

“Tuttavia, nel rapporto con le persone, non si deve perdere la carità pastorale, che deve permeare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti. La difesa della verità oggettiva non è l’unica espressione di questa carità, che è anche fatta di gentilezza, pazienza, comprensione, tenerezza e incoraggiamento. Pertanto, non possiamo essere giudici che solo negano, respingono, escludono.”

“D’altra parte, sebbene ci siano situazioni che dal punto di vista oggettivo non sono moralmente accettabili, la stessa carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come “peccatori” altre persone la cui colpa o responsabilità può essere attenuata da vari fattori che influenzano l’imputabilità soggettiva (Cfr. san Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, 17).”

“Il pentimento è necessario per la validità dell’assoluzione sacramentale e implica l’intenzione di non peccare. Ma qui non c’è matematica e devo ricordare ancora una volta che il confessionale non è una dogana. Non siamo padroni, ma umili amministratori dei Sacramenti che nutrono i fedeli, perché questi doni del Signore, più che reliquie da custodire, sono aiuti dello Spirito Santo per la vita delle persone.”

Chiaramente le risposte dicono molto di più (e molto, sopratutto sul modo di vedere la Chiesa e il cristianesimo dicono anche i Dubia), ma mi sono soffermato solo su queste frasi perché mi sembra che evidenzino chiaramente ciò a cui mira, con forza l’insegnamento (il Magistero) di questo Papa: la dottrina non cambia, è chiara, ma di fronte abbiamo sempre esseri umani a cui mostrare carità che non può essere solo dire questa è la dottrina, seguila.

C’è una parte di Chiesa che su questo non è d’accordo, una parte non insignificante, ma dovrebbe forse ricordare che Gesù disse che il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato e che Dio, sia nel capitolo 16 che nel capitolo 21 di Genesi si prende cura anche di Ismaele. Ismaele, simbolicamente, rappresenta il tentativo dell’uomo di fare da solo, non fidandosi della promessa di Dio.

E’ un Magistero importante questo, perché ci ricorda la verità della dottrina, ma di come essa da sola non basti, anzi la dottrina, anche se vera, può allontanare dalla Verità, mentre la misericordia, in situazioni di errore (che senso avrebbe la misericordia in situazioni corrette?), può avvicinare alla Verità.

Fiducia Supplicans 1

febbraio 27, 2024

E’ tanto che mi riprometto di riprendere in mano, con costanza, questo blog, ma non è mai facile perché il tempo è sempre meno di quello che vorrei e, spesso, gli argomenti che vorrei trattare qui richiedono anche una preparazione e un analisi che non riesco a fare brevemente. Ho però deciso di provarci, gli argomenti che vorrei trattare sono molti, ma ho deciso di partire da “Fiducia Supplicans” la Dichiarazione sul senso pastorale delle benedizioni. Perché questa scelta? Perché è un documento che ha fatto molto discutere? Forse sì, ma sopratutto perché è un documento che mi ha creato e mi crea ancora adesso un certo disagio, non lo nascondo. Un disagio che nasce dal fatto che sono molto combattuto di fronte al contenuto del documento. Da una parte ne sono contento, vorrei che tutti potessero sperimentare la fecondità e la bellezza della benedizione divina, dall’altra mi trovo in difficoltà perché come può la Chiesa “bene-dire” e quindi “dire bene” di realtà di cui non ha mai detto bene?

Vorrei quindi cercare di capire e vorrei farlo insieme a voi, passo dopo passo. Quindi al momento mi propongo di lasciare da parte ogni mia considerazione o dubbio e di partire proprio dal testo, leggerlo e cercare di capire cosa dice realmente, poi alla fine tornerò sulle mie domande iniziali e magari farò le mie considerazioni. Vi assicuro che al momento non ho risposte, solo tanti dubbi.

Il testo ufficiale lo trovate qui e comunque io lo riporto una parte alle volta, cercando di vederlo insieme.

Iniziamo.

Presentazione

La presente Dichiarazione prende in considerazione diversi quesiti giunti a questo Dicastero sia negli anni scorsi che in tempi più recenti. Per la sua stesura, come è prassi, sono stati consultati degli esperti, si è avviato un congruo processo di elaborazione e se ne è discussa la bozza al Congresso della Sezione Dottrinale del Dicastero. Durante questo tempo di elaborazione del documento, non è mancato il confronto con il Santo Padre. La Dichiarazione è stata, infine, sottoposta all’esame del Santo Padre, che l’ha approvata con la sua firma.

Nel corso dello studio dell’argomento oggetto del presente documento, è stata resa nota la risposta del Santo Padre ai Dubia di alcuni Cardinali, che ha fornito importanti chiarimenti per la riflessione che qui ora si offre, e che rappresenta un elemento decisivo per il lavoro del Dicastero. Dato che «la Curia romana è in primo luogo uno strumento di servizio per il successore di Pietro» (Cost. Ap. Praedicate Evangelium, II, 1), il nostro lavoro deve favorire, insieme alla comprensione della dottrina perenne della Chiesa, la ricezione dell’insegnamento del Santo Padre.

Come nella già citata risposta del Santo Padre ai Dubia di due Cardinali, la presente Dichiarazione resta ferma sulla dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione. Il valore di questo documento, tuttavia, è quello di offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica. Tale riflessione teologica, basata sulla visione pastorale di Papa Francesco, implica un vero sviluppo rispetto a quanto è stato detto sulle benedizioni nel Magistero e nei testi ufficiali della Chiesa. Questo rende ragione del fatto che il testo abbia assunto la tipologia di “Dichiarazione”.

Ed è proprio in tale contesto che si può comprendere la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso, senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio.

La presente Dichiarazione vuole essere anche un omaggio al Popolo fedele di Dio, che adora il Signore con tanti gesti di profonda fiducia nella sua misericordia e che con questo atteggiamento viene costantemente a chiedere alla madre Chiesa una benedizione.

Víctor Manuel Card. FERNÁNDEZ

Prefetto

Già da queste prime righe noto che ci sono diverse cose su cui soffermarsi:

  • La Dichiarazione nasce per rispondere a quesiti sorti in passato e ancora oggi dai fedeli.
  • E’ il frutto di un lavoro di una squadra ed è stata approvata dal Papa.
  • La risposta che il Papa ha dato ai Dubia di alcuni cardinali ha, in qualche modo, “condizionato” la Dichiarazione “Fiducia Suppplicans”.
  • Tre volte, in poche righe, è citata la dottrina della Chiesa definita perenne e tradizionale
  • Si parla di un contributo specifico e innovativo di questa Dichiarazione al significato pastorale delle benedizioni.
  • Inoltre è sottolineato che si tratta di un “Dichiarazione”.

Iniziamo dall’ultima e cerchiamo di capire cosa si intende per “Dichiarazione” in ambito Vaticano. Cosa significa comunemente presumo lo sappiamo. Intanto da una rapida ricerca vediamo che non risulta tra i documenti di solito usati dai Papi, anzi si tratta di documenti che di solito sono emanati proprio dal Dicastero per la Dottrina della Fede che reputa necessario dichiarare qualcosa su un determinato argomento, normalmente non per modificare il magistero, ma per chiarire qualcosa.

Si dice che c’è però un’innovazione riguardo al significato pastorale delle benedizioni, credo quindi che il termine su cui concentrarsi sia proprio “pastorale”. Che cosa significa? E’ un termine che sentiamo e magari usiamo spesso, ma ci siamo mai chiesti cosa significa esattamente? Se non sbaglio, con il termine “pastorale” in teologia si intende il modo di tradurre praticamente il messaggio e gli insegnamenti di Gesù

Sottolineare più volte, in poche righe, che la dottrina della Chiesa sul matrimonio non cambia è evidente che indica la consapevolezza che quanto è contenuto in questa dichiarazione può dare un’impressione diversa o almeno essere fraintesa.

La risposta del Papa ai Dubia che gli sono stati posti merita, a mio avviso, invece un intervento a parte. Ecco perché mi fermo qui e mi riprometto di ripartire, la prossima volta, proprio da quella risposta.

Avvento e Silenzio

dicembre 5, 2023

E’ iniziato l’avvento, tempo di attesa, tempo di silenzio… quanto c’è bisogno di silenzio oggi soprattutto?

Ricordiamocelo…

Violenza sulle donne e patriarcato…

novembre 28, 2023

Siamo tutti turbati da quanto è successo e ora si cerca un modo per poter fare qualcosa… come spesso accade si cerca di chiudere la stalla dopo che i buoi sono usciti… sull’onda delle parole della sorella della vittima (a cui, onestamente, per il dramma che la coinvolge è sinceramente tutto permesso) si parla di società patriarcale da abbattere… di fermare la violenza sulle donne… la violenza di genere… e siamo d’accordo, solo che, secondo me, questo non è sufficiente, è solo un palliativo… cura un sintomo, ma non debella la malattia… a mio avviso, ciò che andrebbe combattuto sempre e comunque è la violenza, punto e basta.

Non c’è una violenza giusta e una sbagliata. La violenza è sempre sbagliata. Può essere utile in una situazione contingente per uscire da un pericolo immediato (mi aggrediscono e mi difendo usando la violenza necessaria solo a difendermi), ma tutto qui, basta.

Invece viviamo in una società dove la violenza è estremizzata da tutti i mezzi di comunicazione (sembra che ai telegiornali si cerchi solo quella oppure guardate nei film a che livelli si arriva), sviscerata in piazza (le urla, gli slogan che spesso poi si traducono anche in azioni concrete di violenza), adombrata di continuo (il tono dei politici o di molti opinionisti in televisione), basta solo che l’altro non la pensi come me… quindi sì a ogni azione atta a fermare la violenza non solo contro le donne, ma contro tutti!

Lo spot della pesca

settembre 28, 2023

Ne parlano tutti, lo avete visto di sicuro e se non lo avete ancora visto lo trovate facilmente in rete (cercate pesca ed Esselunga). Ne parlano però perché ha sollevato polemiche tra chi è pro e contro il divorzio, tra chi è pro e contro la famiglia tradizionale, in sostanza, permettetemelo, tra gli imbecilli.

Lo spot è bellissimo, delicato e non è pro o contro nulla, evidenzia solo una verità che forse è spesso, troppo spesso, dimenticata. In una famiglia (di qualunque famiglia parlate) non ci sono solo i genitori e i loro sacrosanti diritti e desideri, ma i figli con i loro sacrosanti diritti e desideri… ricordiamocelo, tutti… sapendo tutti che, grazie a Dio, nessuno di noi è perfetto e ha il diritto di sbagliare.

Mese della Custodia del Creato

settembre 19, 2023

In occasione di settembre, mese della Custodia del Creato, volevo segnalarvi che al Parco Natura Viva di Pastrengo è presente un percorso sugli Animali e le Piante nella Bibbia e che su Telepace potete trovare 14 puntate di una trasmissione dedicata ad altrettanti animali visti al Parco Natura Viva, poi nel loro valore simbolico nelle Chiese di Verona e infine nello zoo Biblico di Gerusalemme.

Perché fare quello che fa il Parco Natura Viva, cioè preservare le specie animali, è anche salvare una parte di cultura umana.

Sul silenzio

settembre 12, 2023

L’8 settembre scorso è stata pubblicata la prima lettera pastorale del Vescovo di Verona Domenico Pompili, intitolata “Sul silenzio“. L’ho letta con calma, ma conto di rileggerla più volte e voglio davvero ringraziare il vescovo per questo suo scritto. Non so se l’hanno apprezzata tutti, pochi o molti, non mi importa io l’ho apprezzata e molto. In un momento in cui si parla troppo e mai particolarmente bene degli altri, in cui si vuol sempre fare, ma si mettono i progetti prima delle persone, in cui le parole si rivelano vuote di gesti e la collaborazione passa sempre in secondo piano, questo documento ci invita al silenzio. Attenti, non all’omertà, non all’inazione, ma al silenzio per ascoltare le radici più vere, più profonde del nostro essere e del nostro essere cristiani ed essere poi capaci di agire, di vivere di coniugarlo nel quotidiano. Per poter poi collaborare insieme, ma non con chi ci sta simpatico, con chi è in sintonia con noi, con chi ha la stessa visione, ma proprio con chi è molto diverso, con chi la nostra visione proprio non la capisce, con ci sta sulle scatole… perché la persona, ogni persona, è più importante di ogni progetto, di qualunque progetto. Tante ancora le suggestioni, le riflessioni, che questa lettera trasmette, ma su due sole vorrei soffermarmi… le chiese sempre aperte… che bello! La formazione per arrivare a un sempre più partecipato ministero laicale… grazie don Domenico